Intervista a Machiavelli

 

Intervista a Niccolò Machiavelli ,uno dei pensatori politici più importanti del 500. La vulgata popolare lo vuole circondato da un alone di cinismo e immoralità.

Ma fu davvero così?

Lei ha iniziato la carriera politico-diplomatica nel 1498, dopo la fine del Savonarola. Che ricordo ha di lui?

E’ stato un uomo incapace di prendere atto della realtà. In politica lo sbaglio maggiore che possa compiere un uomo è quello di non prendere atto della realtà, di non capire come stiano effettivamente le cose e le leggi che le governano. Di quale sia la realtà effettuale.

 

Che cosa non aveva capito Savonarola?

Non aveva capito che era diventato una minaccia per tutti, umili e potenti, ricchi e miseri, e così tutti avevano piacere di eliminarlo, a cominciare dal Pontefice Alessandro VI.

 

Com’ era la Firenze del tempo?

Una città ricca e vivace, ma anche piena di pericoli.Sì, perché le minacce erano tante. Congiure, tradimenti, invasioni: basti la memoria dell’invasione francese nell’anno 1494. Non ci voleva molto ad esser considerato un congiurato, un pericolo per l’indipendenza della città e dunque esser trattato degno della peggior morte.


Lei è considerato un pensatore politico freddo e cinico, tanto che l’aggettivo machiavellico è divenuto sinonimo di diabolico. Si ritrova in questa definizione?

Spesso i lettori dei miei scritti, forse poco avvezzi al difficile esercizio dell’analisi politica, non hanno saputo comprendere il mio pensiero. Io non sono machiavellico! E ci tengo a spiegare che la massima “ il fine giustifica i mezzi ”è troppo superficiale per essere mia. Se il fine fosse assurdo, giustificherebbe i mezzi? Basta pensarci un attimo: vedete bene che non è roba mia…bisogna capire qual è il fine. Il mio fine era la salvezza dello Stato! E vorrei capire come mai si parla di “machiavellismo” per designare qualsiasi tipo di furbizia o di opportunismo, come se questi atteggiamenti fossero il fondamento della mia scienza politica.


Per lei il Principe è colui che è in grado di fondare e difendere con la forza e l’autorità lo Stato. Ammetterà che è un’idea un po’ forte e forse poco democratica.

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Ho sostenuto che il Principe è colui che fonda lo Stato e lo difende con l’uso sapiente della forza, ma ho anche ribadito che questo stato di cose deve esser transitorio e progredire verso il minor uso della forza, affinché i sudditi non nutrano desideri di vendetta contro un Principe troppo duro. La soluzione principesca era la sola indicata ogni volta che si presentasse l’eventualità della rinascita politica di un popolo decaduto moralmente e civilmente come quello italiano del primo Cinquecento.

 


Esiste l’etica per Machiavelli? E se esiste, che cosa rappresenta?

Certo che esiste l’etica! Ma nella lotta per il potere non contano né la ricerca del bene, né quella della verità. Conta soltanto la vittoria. Il politico deve essere un dissimulatore.,pochi sentono Come ho scritto a suo tempo: Ognuno vede quello che tu pari, pochi sentono quello che tu sei e “Facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo Stato: e’ mezzi saranno sempre iudicati onorevoli e da ciascuno laudati.” Spero di essere stato chiaro.

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Dai suoi tempi il mondo è molto cambiato. Lei come lo vede?

In realtà, sotto certi aspetti, l’età a voi contemporanea non è poi così diversa dagli anni che mi videro protagonista. Infatti, mi accorgo che ancora oggi, chi governa si avvale della forza e dell’astuzia, finalizzando però il suo agire al bene proprio più che a quello comune.


Chi è il Principe, oggi, in Italia?

Nessuno. L’Italia è un paese in cui nessuno comanda, ma tutti cercano di imporsi. Era così anche ai miei tempi. In un certo senso solo in Italia si impara il senso dell’eternità…tutto si ripete uguale da secoli.

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