Quelli coi calzoni corti e le ginocchia nere e sempre sbucciate

Un giorno tutto sole e sfrenata allegria. Attraversavamo urlando un campo con l’erba alta, tutti con grembiule e fiocco bianco, era finita la scuola. Ci correvamo incontro facendo scontrare con tutta la nostra forza le cartelle come in una giostra medioevale.

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Risalivo una strada di montagna sotto un sole accecante. Mia madre aveva fretta, mi trascinava per mano costringendomi a sgambettare. Ad una fontana-abbeveratoio di pietra bianca si fermò all’improvviso e mi fece notare un serpentello verde sul sasso in fondo alla vasca. “E’ una vipera” mi disse ricominciando a trascinarmi. Mi raccomandò di stare attento quando mi avvicinavo alle fontane d’estate.

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Primo giorno di scuola, nella scuola del paese. Il maestro spiegava. Le mamme che ci avevano accompagnati nella classe se n’erano andate. Ho alzato la mano come il maestro ci aveva detto di fare tutte le volte che avevamo bisogno di dire o di fare qualcosa. “Devo andare a pisciare”

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dissi bello forte perché ero in fondo alla classe. Quelli più educati dei miei compagni risero. Ero figlio di contadini, che non conosceva l’Italiano.

 

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E’ buio, sono davanti il portone sotto casa mia, tutt’intorno i grandi seduti sulle sedie o sul marciapiedi. Io sono rannicchiato, culo a terra, contro il muro, assonnato dopo aver giocato tutta la sera. Mento e braccia sulle ginocchia, sento i grandi parlare e ridere.

e.d.

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