Mancano 10 gg. al matrimonio ed Encanta fugge (in auto, con tutti i suoi amori)

Sono scappata.
In auto da sola.
La mia auto.
Che ultimamente guida quasi sempre il Ghepard, così abbiamo modo di fare delle lunghissime diatribe su chi dei due guida meglio (io, secondo me; lui, secondo lui) e disquisire su profondi concetti filosofici rispetto a come seguire il codice della strada.
Quanto tempo che non guidavo la mia auto da sola!
Una volta, invece, ero sempre in macchina da sola ad andare da qualche parte a raggiungere qualcuno, a fuggire da qualcuno….
Sono fuggita di mattina presto, assaporando la solitudine con piacere.
Mi sentivo molto “Thelma e Louise”, solo senza Louise.
Ho infilato l’autostrada e me ne sono andata.
Certo, se la mattina le autostrade e le tangenziali milanesi fossero meno impantanate di traffico sarebbe sembrata molto di più la scena di un film.
Nei film, quando la prima attrice scappa, non c’è mai la coda. Non c’è neanche questo demente col camion che prima vuole sorpassare e poi mi si piazza davanti a 80 all’ora e non riesce più a rientrare.
Ma spostati, no? Non vedi che rovini tutta l’inquadratura, la scena dove io sfreccio libera a gran velocità sul nastro grigio dell’asfalto?
Sono fuggita felicissima di fuggire, di lasciarmi alle spalle Milano, il matrimonio, le telefonate da fare, i preventivi del fiorista, i segnaposti da preparare, il libretto da far stampare, il tulle, le rose, i confetti.
Sono fuggita felicissima di fuggire anche dal Ghepard.
Pensando “ecco, adesso me ne vado. Anziché uscire a Desenzano continuo e quando incontro la Modena Brennero, me ne vado per il Brennero, passo la frontiera e non torno più. Mollo tutto e tutti e non mi sposo più”.
Mi viene in mente l’espressione ironica del Ghepard che mi dice “scusa, cosa vuol dire “non mi sposo più” che siamo sposati da quasi tre anni?”
Uhm, anche questo è vero…
Ma non è proprio la stessa cosa.
Cioè, è vero che siamo già sposati ma l’altro matrimonio, quello civile, è stata una cosa diversissima.
E’ stato un matrimonio da colpo di testa, tipico dell’Encanta.
Un matrimonio deciso e preparato in tre settimane con uno conosciuto da pochi mesi e con cui ero insieme da venti giorni.
Un salto nel buio.
Un salto nel vuoto.
Di quelle cose che piacciono tanto all’Encanta: folli, immediate, sconsiderate, col sapore dell’adrenalina pura che ti sale fino in bocca.
L’ennesima avventura di Encanta, con gli amici un po’ sconvolti, un po’ preoccupati e un po’ rassegnati: “Ne ha fatta un’altra delle sue…..”
Sì, un’altra della mia vita, che ho sempre riempito, appunto, di avventure, di colpi di scena, di emozioni. Un’altra della mia vita con uno ancora più avventuroso di me, finalmente l’ho trovato, l’ho cercato tanto e non l’ho mai trovato e poi un giorno arriva questo rapinatore di cuori intrepidi e in cinque minuti mi frega tutta la mia indipendenza, la mia solitudine scelta accuratamente, il mio ruolo di primadonna, il mio status di single impenitente.
Un vero film.

E quindi com’è che adesso sono qui immersa nel matrimonio accademico, con un anno di preparativi alle spalle, con tutti i rituali e anche tutte le menate di tutte le spose del mondo?
Com’è che l’Encanta è finita a discutere coi fioristi, a soppesare preventivi, a redigere liste di noiosi parenti, a sentirsi chiedere “ma non sei emozionata? Non hai le farfalle nello stomaco?”
No, non sono per niente emozionata.
Dov’è che devo essere emozionata?
Ho passato una vita a emozionarmi drogandomi di adrenalina pura, che cosa mi devo emozionare adesso? Ho quasi cinquant’anni, mi devo emozionare perché questo signore in verde della Casa del Giardino mi chiede se voglio le rose o i lisianthus? Capirai.

Emozione è stata quando a vent’anni sono partita alla spera in Dio per la

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California, il mio primo viaggio in aereo, lunghissimo, con tanti scali, le notti in alberghi sconosciuti. (Dominique, Sandro, che fortuna avervi conosciuto. Mi avete tenuto compagni per tutti quei mesi, dandomi il calore di una famiglia. E non sapevate neanche chi ero.)
Emozione è stata quando a venticinque anni mi hanno mandata a lavorare in Sudafrica, con la gente che guidava a sinistra e che parlava un biascicato inglese incomprensibile. E io che dovevo concludere contratti per una grande multinazionale, coi vestiti prestati dalla mia amica ricca, perché io avevo solo jeans e scarpe da tennis (Wanna, ciao, sei stata la mia migliore amica, senza di te non sarei quella che sono.)
Emozione è stata diventare dirigente a trent’anni della più nota casa editrice di tutto il mondo (Clara, Simone, vi ricordate le notti passate a lavorare solo noi tre? Vi ricordate la volta che avevano chiuso il cancello e abbiamo dovuto scavalcarlo?)
Emozione è stata mandala vaffanculo, la casa editrice, sei mesi dopo, sbattendo la porta e dicendo “io non ci sto” perché l’Encanta è un’idealista per natura e neanche lo stipendio più alto del mondo (ed era alto, porca miseria se era alto!) non è abbastanza per permetterle di tradire i suoi ideali (quella mattina di sole, passata al Parco del Castello a decidere cosa fare…..no, è inutile, non posso accettare, non riuscirei più a essere felice.)
Emozione è stata andare a lavorare di notte in un call center per non morire di fame, perché l’idealismo non paga (Elena, Elena, quanto mi divertivo con te! Le nostre notti passate a spararci caffè, telefonate, confidenze….ovunque tu sia adesso, spero che la vita sia stata generosa anche con te.)
Emozione è stata ritrovare un lavoro serio e poi andarsene di nuovo dopo un anno, tanto ormai la strada della libertà era spianata, e allora finalmente via libera ai sogni, a mettersi in proprio (Ciao Marcello, sei stato il capo più buono che abbia mai avuto.)
Emozione è stata ricominciare tutto da capo a trentacinque anni. (Piera, Massimo, vi ricordate quel seminario a Frabosa sull’astrologia? Il mio primo lavoro indipendente….)
Emozione è stata quando sono andata a lavorare in una comunità per tossicodipendenti (Ciao Lucia, ciao Serena, ciao Maurizio, ciao Rosy. Lo so che dicono che non vi è andata bene. Ma voi eravate persone meravigliose. Probabilmente troppo meravigliose per questo mondo. E mangiare, dormire, lavorare con voi è stata l’esperienza più bella che la vita mi ha regalato. Mi avete insegnato tutto quello che mi è servito per essere felice. E avrei dovuto essere io la vostra educatrice…..)
Emozione è stata quando sono andata in Vietnam, a studiare agopuntura, lavorando nell’ospedale di Saigon. (Dottor Thang, grazie per tutti i tuoi insegnamenti, per l’attenzione che mi hai dedicato, per le lodi che mi hai riservato. Grazie per la tua impassibilità orientale e per il tuo humor. Grazie per i tè al gelsomino assaporati nel tuo studio, mentre passavamo il tempo a chiacchierare.)
Emozione è stata quando ho promesso di prendermi cura di Giulia come una figlia alla sua mamma che stava morendo (Sei felice, Pina? Hai visto? Adesso è grande, si è laureata con 110 dieci e lode, si è fidanzata con un Capricorno, la scoliosi non ce l’ha più, va in palestra tutte le settimane, è stata in Giappone, si fa le canne ogni tanto. Va bene che si faccia le canne, per te? Dimmelo, se non ti va bene, vedo di dirle qualcosa. Perché delle volte mi chiedo cosa le avresti detto tu e spero sempre di fare nel modo migliore…..se c’è, un modo migliore.
No, non lo sa ancora come vestirsi al matrimonio.
E al matrimonio ci saranno tutti ma non ci sarai tu.
Sei stata la persona più importante della mia vita, non un’amica: una sorella, la mia famiglia.
Ti voglio bene. Grazie per sempre. Grazie per tutto quello che mi ha lasciato.)

Emozione è stata quando sono andata ad insegnare in carcere (Si ricordi di salutare sempre

 

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gli agenti. Si ricordi di mantenere la disciplina. Si ricordi di consegnare il cellulare. Si ricordi di vestirsi appropriatamente. Si ricordi di non prendere o portare messaggi per i detenuti. Signora Maestra, ci chiama per nome, per favore? Qui in carcere è brutto, ti chiamano solo per cognome.
Aldo, qual è il tuo sogno nel cassetto? Possedere un cassetto mio per metterci i sogni. Perché qui in carcere non c’è nulla di tuo, neanche un cassetto.…)

Emozioni sono stati tutti i miei amori, le mie passioni, le mie notti in bianco.
Emozione è stata vivere di qua e di là, senza orari, senza pasti fissi, senza niente di programmato.

Allora com’è che sono finita a programmare i pasti del Ghepard, a stirare camicie da uomo, a passare le serate a fare le combinazioni dei tavoli dei parenti al matrimonio?
No, guarda, io scappo.

Eeeeeehhhh, sono scappata tante volte nella mia vita, da tanti posti, da tante persone, da tanti amori. Anche da matrimoni già progettati.
C’è qui l’autostrada, ho la benzina, ho i cd della Nannini.
Ho la carta di credito, ho i documenti.
Scappo.
Un internet point per stare su CdF lo trovo ovunque.
Scappo.

Scappo se questo qui davanti si sposta e mi lascia sorpassare, se no, se continuiamo a questa andatura, quando arrivo alla fine della fuga ne ho sessanta di anni, non cinquanta.
E meno male che la Milano Bergamo è a quattro corsie.
Ma quelli che ti si parano davanti, nella vita, come macigni e tentano di farti fermare li trovi sempre.
Per fortuna ho imparato ad aggirarli. Una volta, quando ero più giovane, stavo lì a fermarmi e a perderci del tempo.
Adesso no, adesso aggiro veloce.
Quante cose meravigliose regala l’età.
Non rivorrei indietro i miei vent’anni neanche se mi pagassero. Sono così felice, adesso.

Ecco l’Orio Center di Orio al Serio. Ci sono stata qualche anno fa a fare shopping con un mio ex fidanzato. Che si chiamava Walter come il primo fidanzato che ho avuto, a quindici anni.
Ho un meraviglioso ricordo di entrambi.
E anche di tutti i fidanzati, amori, flirt, passioni che sono intercorsi fra il primo Walter e l’ultimo Walter.
Ho solo ricordi stupendi, non mi ricordo di aver mai sofferto per amore.
O meglio, mi ricordo di aver pianto e strepitato per amore, riversa sul letto come un’attrice drammatica, a commiserarmi perché le cose non andavano come volevo io o perché le persone non erano come volevo io.
Ma questo non è soffrire per amore. Questo è essere egocentrica.
In realtà, sono stata sempre molto amata.
Dal vetro del finestrino vedo fuggire via velocemente il panorama bresciano e mi scorrono davanti altrettanto velocemente tutti i miei innamoramenti e tutti i miei innamorati.
Ti ricordi l’Acquario che era sempre malato e che andavo a trovare alla sera in ospedale vestita che neanche un’entreneuse?
Ti ricordi lo Scorpione che mi invitava a cena con le candele, le luci basse e mi cucinava l’omelette all’arancia?
Ti ricordi il Toro, che faceva l’erborista? Ho ancora una bottiglia di olio essenziale di lavanda che mi ha regalato lui nel ’91….Però era proprio troppo formale per me….Peccato, perché potevo saccheggiare l’erboristeria come e quando volevo!
Ti ricordi il Leone che dovevo sposare e tutti mi dicevano “mi spieghi che cosa c’entra con te che non avete proprio niente in comune?” Era vero, infatti l’ho lasciato.
Eh ma li ho lasciati tutti.
Sono scappata sempre.

Potrei scappare anche oggi. Il Ghepard se ne accorgerebbe solo domani, perché stasera probabilmente non torna nemmeno a casa a dormire, si ferma dai suoi a Pavia perché deve dar loro una mano in una trattativa immobiliare.
Quindi ho tutto il tempo di espatriare e quando gli altri se ne accorgono è troppo tardi.
Me ne vado via e il gioco di comporre i tavoli al pranzo di matrimonio e di fare sacchettini di confetti lo farà qualcun altro.
Cioè, non lo farà nessuno perché se vado via il matrimonio non si fa.

………………….No, perché, la domanda è: se sono sempre scappata da tutti, perché non dal Ghepard?
Beh, potrei anche fare un lungo elenco di tutte le sue adorabili doti.
Dopo, potrei scrivere circa un miliardo di pagine (fino a esaurimento di spazio sul forum) dei suoi mille difetti.
“I suoi mille difetti” è una frase storica perché quando l’ho conosciuto mi ha detto che gli sarebbe piaciuto trovare una donna disposta a sopportare i suoi mille difetti.
Che sono veramente mille e a volte anche multipli di mille.
E che sono ancora più adorabili delle sue adorabili doti.
Io penso che l’Amore Vero sia questo: quando ami una persona per i suoi difetti, non per le sue doti.

Adesso il traffico si è dimezzato e sto per arrivare al casello di Desenzano.
Quindi devo decidere se uscire o tirare dritto.
Devo decidere perché non scappo dal Ghepard.

Probabilmente perché so che il Ghepard scappa più velocemente di me.
Perché ha passato una vita di fughe più rocambolesche delle mia.
Perché in confronto a me, che sono una avventurosa, lui è un avventuriero.
Perché va veloce come il vento, infatti si è guadagnato il soprannome di Rewind, dalla canzone di Vasco Rossi.

…..e tu vai, vai, veloce come il vento
quante espressioni di turbamento
sul tuo volto, si vedon solo con lo scorrimento lento.

E io per lui sono Stelladesignata, da quel verso di una poesia di Giovanni Giudici

O beatrice senza manto
senza cielo né canto.
Beatrice tutta di terra
attraversata in guerra.
Beatrice costruttrice
della mia distruzione felice.
Beatrice ultimo gioco.
Beatrice salto nel fuoco.
Beatrice da sempre nata.
Beatrice stella designata…..

E sarà per quello che lo sposo, sarà che è stato l’ultimo gioco, l’ultimo salto nel fuoco, lui per me e io per lui. Sarà che è stato il costruttore della felice distruzione della mia reputazione da single forever, come io della sua. Sarà che le guerre che abbiamo attraversato da soli ci hanno unito, sarà che l’avevano designato le nostre stelle.
E’ così che siamo diventati “Stellarew”.

Sarà che se scappo e passo la frontiera del Brennero, so che me lo troverei già là, al primo bar austriaco in cui mi fermerei, già arrivato, prima di me, già lì che controlla il motore della moto e a sorridermi e a chiedermi “Perché sei così lenta a scappare?”
E si fermerebbe con me a Schönberg a iniziare una nuova avventura.
Fermandosi con me.
Fermandosi per me.
A sopportare i miei mille difetti.
Che a volte sono anche multipli di mille.
Ma lui li ama.
Sarà che è questo l’Amore Vero.

Mi infilo nel casello di Desenzano e da lì a Castiglione delle Stiviere sono proprio tre minuti, sono già arrivata.
Sono davanti all’Atelier Aimèe e vado a ritirare il mio abito da sposa.
E quando me lo carica in auto, quella santa donna della Paola, che mi ha seguito con pazienza in tutte le prove, mi dice “Mi raccomando, non si fermi all’autogrill, prima che qualcuno glielo rubi e se ne scappi col suo vestito!!!”.
No, tranquilla, faccio tutta una tirata fino a Milano. Torno a casa.

Tranquilla. Da qui, ormai, non scappa più nessuno.

 

Barbara

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