BELLA SERATA

Ci sediamo per mangiare e chiacchierare ed è già mezzanotte
– C’è un nostro amico insegnante che ci tiene un corso di filosofia, lo abbiamo invitato a cena da me, si mangia e si discute, non è che vuoi venire anche tu?-
L’invito, via e mail, è della mia amica Carla. Conosce gente in gamba, da lei ci vado sempre volentieri, anche se la strada è lunga. Le rispondo subito che accetto. Poi, recarmi in quel paesino mi piace. Mi segno il giorno, la memoria fa brutti scherzi.
Alla cena mi presento con due bottiglie di vino rosso e una vaschetta scongelata di castagne arrostite sbucciate. Sonia, l’amica di Carla, che deve venire con i ravioli di ricotta, si fa aspettare; l’acqua da mezz’ora è lì che bolle in attesa dei suoi ravioli. Il dolce, una torta di Carla, è già cotta, calda nel forno.
– L’ho fatta con le tue mele.-
Gliele avevo portate io dalla Valtellina la settimana scorsa.
Come di norma tra noi amici ognuno ha pensato e portato qualcosa da mangiare o da bere. Gli unici, per me sconosciuti sono Giorgio, l’insegnante di filosofia e Maria Concetta, l’assessore alla cultura del paese (quella sera avrei scoperto una delle rarissime persone che fanno politica disposta più ad ascoltare che a dire). Lo sguardo iniziale scambiato con loro (“ah, sei tu il…”, “ah, sei tu la…”) , sempre un po’ imbarazzato e curioso, dura poco. Si entra subito nel vivo.
– Oggi sono più scoglionato del solito…-
E’ Giorgio, l’insegnante di filosofia; prende posto intorno ad un tavolo apparecchiato, ma ancora deserto e comincia a raccontare la sua giornata.
E’ un precario equilibratamente scoglionato (esiste anche questa sottospecie, ed è la maggiore, tra i precari di oggi).
Si esprime istintivo, nonostante l’abitudine come professore a parlare in pubblico . Quarantenne non accasato, operativo e propositivo vice – sindaco di un paese vicino, dichiara più o meno subito la volontà di emigrare.
– Perché ormai non c’è più nulla da fare. Insegno in un liceo da vent’anni, mi piace, ma perennemente da precario. Ora devo fare un concorso: perchéccazzo lo faccio quest’altro concorso! Cercano dodici insegnanti in tutta la Lombardia, saremo migliaia a farlo. Mi chiedessero della mia materia di insegnamento, mi metterei in gioco. Io insegno filosofia, mi si richiederanno, come al solito, nozioni d’informatica (io, col computer sono solo uno smanettone come tutti!), mi riproporranno test di logica matematica, tanto per selezionare, che con il mio insegnamento non c’entrano un cazzo! –
Riprende fiato.
– Il fatto è che dovrei conquistarmi un equilibrio mio per andare avanti in questa situazione, ma non è facile… – conclude sconsolato. –
Si è accalorato subito, anzi, a quanto pare, è accalorato già di sé.
Mi conferma che ogni generazione , per fortuna, si porta dentro per un bel po’ il fanciullo testardo che siamo stati. La mia generazione quella testa di fanciullo l’ha riempita, ben presto, di sogni ad occhi aperti, sogni che volteggiavano nell’aria, bastava afferrarli. Poi, quella testa, ha creduto che quei sogni fossero reali progetti politici per la società, s’è logorata in interminabili e sterili riunioni, scontri verbali, manifestazioni di piazza (come si possono condividere con altri i sogni!), s’è fatta randellare dai manganelli della “pula”, si è colmata d’amarezza e smarrimento dopo, quando quei progetti non si sono realizzati.
Mi ritrovo a mettere a fuoco i lineamenti di Giorgio: sanguigno e combattivo com’è, anche lui (che ne è cosciente, si vede), nel “carniere” si porta dentro più sconfitte che vittorie; come me, come gli altri qui, come tutti.
Meno male che c’è il cinema (e non solo) che ci regala i sempre-vincenti (coi quali subito ci identifichiamo), che ci assopisce e gratifica, che mai, o quasi mai, ricordandoci di essere (quasi sempre) patetici perdenti, ci aiuta ad incazzarci, a far scoppiare queste nostre contraddizioni, a liberarci di frustrazioni quotidianamente palpabilissime, anche in una normale serata tra amici come questa.
Mentre Giorgio esterna suonano al citofono; manca infatti l’ultima invitata, ora è chiaro a tutti: fra un po’ si mangia! Infatti, è lei, Sonia. Sorridente, scusandosi per il ritardo, appoggia i suoi ravioli sul tavolo, si libera, quasi contemporaneamente,della giacca e preavvisa minacciosa Giorgio che, quella sera, lei e Carla devono chiarire “un po’ di cose” con lui (tutte e due seguono il suo corso di filosofia).
La discussione riprende. Carla si è segnata su un foglio le osservazioni da fare a Giorgio sull’ultima sua lezione. Alcune, più che osservazioni, sono vere e proprie obiezioni. Una dopo l’altra gliele sciorina tutte, ma a fatica perché Giorgio la interrompe spesso (e quando il professore prende la parola non la molla facilmente). Lei, allora, ogni tanto lo punta con quegli occhietti che tradiscono ogni emozione e cerca di comunicargli che, però, vuole finire di esporre.
Come spesso succede, un volto e una voce, che fino a poco prima non avevi messo a fuoco, perché era rimasto in silenzio in mezzo a tanti che esternavano, attira la tua attenzione. E’ il volto, la voce, di chi ritiene di esprimersi quando è necessario. Forse la timidezza contribuisce a questo riserbo, ma quando la persona entra con intelligenza e sensibilità nella discussione (magari con poche battute o con una semplice osservazione) allora apprezzi il valore del silenzio e la vacuità di tante parole. Il volto, la voce è quello di Maria. Concetta. All’irruenza dialogante di Giorgio, ma anche di noi altri, lei, ogni tanto, contrappone un semplice asserire chiarificatore o una domanda spesso accompagnandola con un sorriso.
Intanto, scivolando da un argomento (e da un piatto) all’altro, scorre la serata. I ravioli sono squisiti, come ottimi sono il pollo e il dolce. E si parla di tutto.

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Del lavoro e di come organizza la giornata chi è già in pensione. Della forza e della incisività del marxismo:
– Un colpo d’ali per i contadini e gli operai russi dell’inizio Novecento non supportato dalla necessaria continuità innovativa. –
Dell’energia e della sconsideratezza sessantottina:
– Non si aveva nessun senso critico e capacità costruttiva. Quegli anni non ci hanno lasciato niente.-
Della politica:
– Che quando è alta e fatta con onestà, sensibilità e capacità non è lontana dalla poesia (perché sogni e progetti reali sono due facce della stessa medaglia).-
Di vacanze all’estero e di filosofie moderne “liquide”
– Perché liquido e sfuggente è ormai tutto ciò che ci sta intorno e davanti, ma anche per ribellione alle troppe rigidità che, da tempo, ci portiamo dietro (o dentro) ,e delle quali sentiamo (i giovani più di noi) il bisogno di liberarci.-
Di primarie del centrosinistra:
– Mi ha convinta Renzi.-
– Ho dato fiducia alla Puppato, una donna.-
– Io, queste primarie, non le sento tanto.-
– C’è Vendola, ma non mi basta.-
L’orario, infine, ci sorprende: è quasi mezzanotte. E’ un martedì e la mattina dopo è la solita mattina di lavoro e sbattimenti.


Eus

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