Ombre

“Zia, che cosa sono le ombre? Dove sono?”
“Guarda stiamo passando accanto al muro, c’è scuro, non c’è il sole qui, c’è l’ombra”
“ Si sta bene all’ombra.”
“Sì,

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quando fa caldo.”
“Come si fa a prendere l’ombra?”
“Non lo so, le ombre sono come i piccioni, sembra di afferrarli ma non ci riusciamo, però si può stare all’ombra . Quando vieni a casa mia, a B., ci sono alberi grandi tu giochi sotto la loro ombra”
Si era stancata di parlare di ombre da sentire sulla pelle, ne aveva accumulate troppe dentro per continuare a chiacchierare serenamente.
Era nata troppo presto anche se non si vedeva e nessuno, incontrandola in strada o in qualche riunione di volontariato o di studio, credeva alla sua età. Tutto a causa del suo viso sorridente. “We’ll miss your smile on campus”, le avevano detto molti anni prima, dopo il suo Master in un’ università degli USA, e il ricordo di quelle parole era ancora luminoso.
Da un anno o due, però, si sentiva invecchiata. Era diventata più pigra, camminava più piano, dimenticava le cose, malgrado i tanti bigliettini lasciati in giro. Tecnologicamente poi si sentiva una frana anche se, proprio in questo periodo, si era impegnata in un progetto a distanza per la formazione insegnanti.
Se pensava al passato le ombre erano più delle luci e di questo si dispiaceva, se ne faceva quasi una colpa. In fondo, lo sapeva, era stata sempre una pessimista nascosta dietro a un sorriso con troppe cose dentro non dette.
“Zia, non voglio stare all’ombra , voglio il sole.”
“D’accordo, usciamo dall’ombra e andiamo a sederci al sole. ”
“No, a sederci no, voglio giocare.”
Facile a dirsi, meglio trovare qualche compagna di giochi, ma d’intorno non se ne vedevano.
“Tu giochi , io mi siedo, se vuoi ti racconto.”
“ Di quando facevi la maestra sui monti? No quella la so, raccontami un’altra storia.”
“Va bene, lasciami pensare, di quando credevo di affogare?”
“No, è brutta, mi fa paura.”
Il sole stava riscaldandole il corpo, il cuore non ancora, mentre la luce quasi la accecava. Ci sarebbe voluta una storia

allegra, da qualche parte ci doveva essere, solo che non voleva venire a galla.
“ Ti racconto di quando feci l’esame di terza media, e non avevo studiato.”
“Non ci credo, tutti dicono che eri brava.”
“Certo, ma qualche volta anch’io non studiavo.

 

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Allora ti racconto di quella volta che sono finita con la nonna in un fosso. “
“La nonna nel fosso? E’ vero? Ha avuto paura?”
“Ne ho avuta di più io, anche se dopo mi sono messa a ridere. Stavamo andando con la mia 500 dal dottore. A una curva c’era una macchia di olio sulla strada, non l’ho vista e la 500 ha cominciato a girare, non riuscivo più a farla andare dritta. La strada in quel punto è un po’ rialzata, c’è un poggio che scende nei campi e la 500 ha cominciato a scivolare giù e io non ero capace di frenare e allora ho

 

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cominciato a ridere, a ridere come una sciocca, mentre la nonna rimaneva senza fiato, non poteva neppure urlare. Per fortuna siamo andate giù dolcemente, piano, piano, ma sono dovuti venire a riprenderci con il carro attrezzi. Voglio dire a riprendere la macchina, perché noi a quel punto eravamo uscite fuori e due passanti ci hanno aiutate a risalire il poggio.”
“E la nonna?”
“Era pallida, deve aver pensato che ero un po’ picchiatella.”
“Picchiatella?”
“Sì, un po’ scema. E’ una parola che non si usa più per fortuna, è scomparsa.”
“E’ scomparsa, come fanno le parole a scomparire?”
“La gente se ne dimentica, come dimentica le persone.”
Quante persone dimenticate o messe nell’ombra per non ricordare.
Il sole continua a scaldarla e lei si appisola sulla panchina. Sogna di volare, su in alto, sempre più in alto. Le è sempre piaciuto volare, specialmente di notte con il cielo che diventa scuro e minuscole luci cominciano a brillare in lontananza.
Poi un brivido di freddo, un sussulto e il pensiero della nipote. Dove sarà, cosa avrà fatto? La piccola è davanti a lei con alcuni fiorellini in mano:
“Sognavi, vero? Ma era un bel sogno, sorridevi.”
“Sì, un bel sogno, pieno di luci lontane.”

MARIA PIA PIERI

 

 

Il lavoro è inedito. Ha vinto un premio, il primo, al concorso nazionale di poesia e narrativa della Bibliotecanova Isolotto e dell’Associazione Lib(e)ramente-Pollicino di Firenze

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