CHI SI NASCONDE DIETRO IL NOME DI ELENA FERRANTE?

 

Sto leggendo uno dei libri di Elena Ferrante “Storia del nuovo cognome”, secondo volume di una tetralogia.  Una telenovela raccontata in modo intelligente.

Mentre lo leggo penso che questo pseudonimo possa nascondere davvero, come più volte è stato ipotizzato da riviste e giornali, Domenico Starnone.

Troppe le coincidenze. Entrambe le protagoniste sono nate a Napoli nel 1944. Come Starnone. Vivono, come lui, la propria infanzia e giovinezza in un quartiere popolare. Il padre di Nino Sarratore è ferroviere con velleità di giornalista così come il padre di Starnone era ferroviere e pittore. In entrambi i casi i figli detestano i padri. Ci sono poi le difficoltà di Elena, la protagonista autrice del romanzo, nel volersi affrancare da una situazione di sottocultura. Le stesse che deve aver vissuto Domenico S.

Starnone è uno degli sceneggiatori di soap opere televisive, quindi sa come costruire storie e far agire personaggi. Nei libri poi può fare quelle riflessioni che, in una sceneggiatura, non sempre si possono fare e, siccome sa scavare nella psiche, questi libri risultano avvincenti. Addirittura più dei suoi romanzi, quelli firmati col suo vero nome.

Capisco anche perché in un’intervista lui dica che i libri della Ferrante non sono il suo genere. Perché nei suoi libri (penso a “Via Gemito” e a “Lacci”) c’è molta introspezione e, forse, il livello a cui punta è un livello superiore. Invece il pubblico, e forse la critica, preferiscono questi, stile telenovela ben scritta, perché c’è più trama, più storia.

Deve essere liberatorio per un uomo scrivere mettendosi nei panni di una donna. Starnone (lo racconta bene in “Via Gemito”) ha avuto non poche difficoltà a liberarsi da un padre egocentrico e violento, e da un ambiente chiuso e poco stimolante. Mettendosi nei panni di una donna ha potuto sperimentare quanto sia ancora più difficile affrancarsi da un ambiente così: perché la donna è meno libera, più condizionata dai rapporti familiari, più schiava.

Bravo, D. Starnone o chi per esso, a denunciare questa ingiustizia sociale primaria, che ancora permane tra i ceti popolari. Le donne nate negli anni ‘40 e ’50 non hanno potuto arrivare dove sono arrivati gli uomini, se non con fatica doppia e tanti sensi di colpa! E neppure oggi le cose sono cambiate granché!

Carmen

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